LA PERSONALITA’: STILE O DISTURBO?
Dal punto di vista scientifico la personalità può essere definita come l’insieme delle caratteristiche psicologiche e delle modalità comportamentali che descrivono le differenze individuali all’interno dei molteplici contesti di vita in cui l’essere umano è presente.
Gli studi in campo neurobiologico e biopsicosociale (Millon e Davis, 2000; Cloninger et al. 1993) hanno portato a una grande quantità di ricerche sulla personalità che hanno permesso di fare alcune importanti riflessioni e ipotizzare che lo sviluppo e il funzionamento della personalità siano principalmente influenzati dagli aspetti biologici e da quelli socio-culturali. In questo senso, la personalità sembra essere la sintesi delle dimensioni correlate:
- al carattere (gli aspetti sociali, il patrimonio culturale appreso dall’infanzia);
- al temperamento (le componenti genetiche e biologiche che sono costitutive della personalità);
- alle prime esperienze di vita (tipologia delle cure primarie da parte dei genitori, traumi precoci);
- all’attaccamento primario (il legame che si sviluppa a partire dalle primissime interazioni tra il bambino e le figure di riferimento, che crea dei modelli relazionali di base che influenzano l’esperienza di sé e dell’altro nelle relazioni interpersonali).
Quindi, l’insieme dei fattori genetici, sociali, culturali e le diverse esperienze di vita di ogni individuo porta allo sviluppo di una personalità caratterizzata da specifici modi di pensare, sentire e comportarsi in relazione a sé, gli altri e il mondo.
La ricerca, inoltre, ha portato nel tempo alla definizione di alcune categorie di personalità che descrivono un determinato stile, ovvero la disposizione di base che rende conto della condotta di una persona.
In altre parole, per stile di personalità si intende il comportamento adattivo di un particolare tipo di personalità osservabile nel suo modo di pensare, provare emozioni, relazionarsi con gli altri e la realtà circostante, quindi che descrive la normale modalità di funzionamento di un individuo. Ad esempio, c’è chi ha tratti di personalità ossessiva, per cui è una persona coscienziosa, tendenzialmente rigida nei compiti e più attenta ai dettagli, ma che sa portare a termine i propri obiettivi e vivere le relazioni con un discreto coinvolgimento emotivo. Oppure, c’è chi ha un carattere più istrionico, quindi è una persona più impulsiva e bisognosa di attenzioni, ma che riesce ad essere emotivamente equilibrata nelle relazioni, mostrandosi altruista e generosa.
Quando determinate caratteristiche di personalità diventano eccessivamente rigide, limitanti, disfunzionali e perdurano aggravandosi nel tempo, allora si parla di disturbo di personalità. Tale condizione negli anni rischia altamente di creare una profonda sofferenza soggettiva e/o altrui, all’interno delle relazioni interpersonali che risultano spesso insoddisfacenti, vuote, maltrattanti o dolorose.
In generale, per disturbo di personalità (DSM 5, 2014) si intende quindi un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo e che si può manifestare a livello:
- cognitivo: i pensieri, cioè i modi di percepire e interpretare se stessi, gli altri e gli avvenimenti;
- affettivo: i sentimenti, le emozioni e gli affetti, cioè la varietà dell’intensità e dell’adeguatezza della risposta emotiva ad un determinato stimolo e/o contesto;
- del funzionamento interpersonale: la modalità di interazione con l’altro e la qualità dei legami;
- della capacità di controllo degli impulsi (rabbia, aggressività, ecc.).
Spesso, gli individui con problematiche di personalità non sono del tutto consapevoli del loro disagio e questo è dovuto anche alla mancanza nella cultura odierna di informazioni adeguate e utili a comprendere le dinamiche del funzionamento psicologico. In molti casi, sono gli stessi familiari, partner o amici a evidenziare uno o più problemi circa il comportamento dell’altro e spesso tali rimandi se sono dati fuori da un contesto rispettoso, comprensivo e non giudicante, generano nella persona che li riceve sensazioni di offesa, rabbia, vergogna e umiliazione profonda, sentendosi bollata come un essere spregevole o “pazzo/a”.
Tuttavia, un ulteriore aspetto da considerare che si ritrova soprattutto nella sfera delle relazioni interpersonali è la motivazione al cambiamento di sé e le aspettative che una persona sviluppa verso il cambiamento desiderato dell’altro. Migliorare se stessi, sviluppare nuovi atteggiamenti più propositivi e efficaci o sperare che l’altro cambi e che i suoi difetti si affievoliscano nel tempo, sono temi assai comuni che caratterizzano la maggior parte delle relazioni affettive. Le persone con problemi di personalità che hanno quindi delle rigidità e delle grandi difficoltà relazionali sono spesso poco motivate a cambiare ed è estremamente difficile per loro farlo, nonostante la sofferenza che provano, proprio perché modificare le abitudini e i comportamenti che definiscono da un’intera vita il loro modo di essere è un’operazione complessa e delicata, che richiede tempo e pazienza.
Per questo motivo, la psicoterapia risulta essere il trattamento maggiormente efficace a lungo termine per tale tipologia di problematica, perché permette di lavorare assieme ad un professionista della psiche all’interno di una relazione terapeutica per modificare quei modi di essere disadattivi che si sono sviluppati fin dall’infanzia, elaborati poi nel corso della vita, che creano sofferenza, interferendo con il raggiungimento degli obiettivi e dei propri desideri.
Bibliografia
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Milano. Raffaello Cortina Editore.
CLONINGER, C.R., SVRAKIC, D.M., PRZYBECK, T.R. (1993), “A psychobiological model of temperament and character”. In Archives of General Psychiatry, 50, 12, pp. 975-990.
MILLON, T., DAVIS, R. (2000). Personality Disorders in Modern Life. John Wiley & Sons, Inc., New York.
SPERRY, L. (2003). I disturbi di personalità. Dalla diagnosi alla terapia. Seconda edizione. Edizione italiana a cura di Sica, C.Milano. McGraw-Hill.